Dallo splendore alla decadenza
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Tanti secoli fa Pisa era soltanto un vasto territorio lagunare dove sparuti gruppi di uomini abitavano in misere capanne.
Oggi per coloro che raggiungono la città con i jet provenienti da nazioni e continenti lontani, Pisa, dall'alto, sembra un dipinto di altri tempi affollato di piccole case, con il fiume che la divide in due, e, qua e là, i suoi palazzi splendidi, dalle facciate a colori tenui, nelle tonalità ora vive ora incerte dei gialli e dei rosa, pervasa da tanta storia scritta attraverso i suoi molteplici monumenti. Ieri... tanti secoli fa, stormi compatti di gabbiani e di aironi, di pivieri e di germani trovavano nella palude e nella foresta di pini mediterranei, nei boschi di lecci, sulle spiagge infuocate della marina il senso di una natura e di un mondo che non è più, nel selvaggio momento in cui i branchi di cervi e di daini lanciavano, come sfida al vento e alla tempesta, i bramiti della loro eterna inquietudine, del loro vagabondare nella pianura alla ricerca di acque fresche e di erba tenera.
Le città sorgevano secondo gli schemi urbanistici del cardo e del decumanus. Il forum era il centro urbano. Nell'anno 193 prima di Cristo Pisa e Roríìa furono alleate nella lotta contro i Liguri. In seguito, nell'anno 180 a.C., Pisa passò al rango di colonia latina e fu sottoposta al diritto romano. Le legioni di Cesare marciavano contro la Gallia percorrendo le vie consolari dove oggi sfrecciano veloci le ferrigne auto. Augusto predilesse Pisa, e in suo onore la città fu chiamata « Colonia lulia Obsequens ». Pisa, città romana, confonde la propria storia, la propria esistenza, la propria vita con quella di Roma. Da tutti l'anno 476 è considerato, per convenienza storica, la fine dell'Impero Romano d'Occidente. I barbari continuano a calare dal nord Europa a predare le ricche contrade italiane, irrompendo nelle città civilissime e ormai prive di difesa.
Questi barbari germani dai lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri, freddi come lame d'acciaio, scorrazzano per la penisola italiana come incontrastati padroni di un paese bellissimo e affascinante, infelice e sconfitto dalla storia che aveva ormai voltato pagina. I Goti si impadroniscono anche di Pisa. Al loro dominio segue il governo del grande generale bizantino Narsete e quello d,3i Greci. Ma i ricordi di questo periodo sono offuscati dalla tragica realtà dei tempi di sfacelo. La decadenza più oscura si abbatte come una cappa sui monumenti, sui fori, sui superbi palazzi romani che cadono rapidamente in rovina. Sembra la fine di una civiltà, di una legge, di una società organizzata e civile. Branchi di lupi famelici irrompono nelle città terrorizzate dove masse di straccioni petulanti e macilenti aspettano la morte come una liberazione. Quel poco di vita, di cultura che restava non vanno oltre le mura di Ravenna, dominata da Teodorico e poi da Narsete. Soltanto il Cristianesimo sa allora ergersi a difesa delle plebi affamate e dare un motivo di speranza alla società in pieno sfacelo.
I Pisani sanno però scuotersi dal torpore che li attanaglia. Nel VII secolo comincia a spuntare una nuova primavera fiorita di libertà. Papa Gregorio Magno commissiona a valenti calafati pisani un, buon numero di navi per combattere contro i Bizantini. I Longobardi creano il loro regno in Toscana ed eleggono Lucca a loro capitale. Meno barbari di altri popoli germanici, essi si adoprano per una pacifica fusione del loro popolo con quelli di origine latina. A Pisa risiede il legato del duca longobardo quale suo personale rappresentante. Con l'ascesa di Carlo Magno al trono del Sacro Romano Impero, nell'anno 800, Pisa può godere di una certa indipendenza, di un certo sviluppo commerciale e di un abbozzo di prosperità. Le navi pisane tentano timide sortite in quel Mediterraneo che successivamente solcheranno e, in gran parte, domineranno per due secoli.